Cercando di riesumare il mio vecchio telefono,
ho trovato queste foto del ballo di fine liceo. Che bel ricordo. Così lo condivido affinché rimanga scritto, dai.
Quel giorno, mi sono sentita un po’ come Cenerentola:
da una camera grigia di ospedale, catapultata in un castello, al grande ballo. Con il vestito perfetto nonostante la magrezza da polmonite, l’acconciatura con solo una pinza e qualche forcina a disposizione e un paio di tacchi niente male.
Ricapitoliamo.
Avevo acquistato molti mesi prima, agitata ed entusiasta per quello che sarebbe stata la festa di fine quinta, un vestito argento a sirena, mi piaceva tanto.
Poi il giorno fatidico, aiutata da mia mamma e dalla oss per cercare di non incastrare la flebo e procurarmi danni, avevo provato il vestito salendo sul letto per potermi vedere nello specchio della parete opposta, un po’ troppo piccolo e in alto. Sento ancora le nostre risate, insieme a quelle del medico che, ovviamente, è entrato proprio in quel momento.
Però il vestito era largo, troppo largo. Mi scivolava sulle ossa come una tunica greco-romana senza laccio. Disperazione. Ma l’avrei messo comunque, a costo di metterci il laccio emostatico, pur di andarci. Poi la figlia del mio vicino di letto, come una vera fata turchina, si fece in quattro per portarmi uno dei suoi vestiti più belli, a suo parere stretto, apposta per me. Proprio così, meraviglioso. Le scarpe argento trovate da mamma in un negozio nei pressi dell’ospedale e un’acconciatura gentilmente offerta dalla sorella della fata turchina, parrucchiera. Poi, per ultimo e non meno importante, un permesso firmato dal medico con rientro a mezzanotte. Posso solo dire che le infermiere di turno erano quasi invidiose della mia polmonite… Scherzi a parte, è stato tutto meraviglioso.
Ma soprattutto l’amore che mi ha circondata. Davvero stupendo.
Un valzer di amore, generosità e umanità.
Sono belli i ricordi, di persone speciali, di momenti indimenticabili.
La foto doveva essere spiritosa…
Sara Cornelio
Un dono mi ha salvata
sta viaggiando, sempre più lontano.
Non vuole essere un vanto o un vezzo. Bensì un pensiero di felicità.
È il segno che quell’amore che guarisce, che tre anni fa ha fatto da protagonista alla mia tesina di maturità, non è soltanto un’opinione ma una solida certezza. Condivisa con voi, da voi.
Ho sempre pensato che non avrei mai permesso al Dono che ho ricevuto di rimanere nell’ombra. Voglio dargli voce, colore, vita.
Sara Cornelio
Anche noi vogliamo contribuire affinché questo dono non resti nell’ombra (qui)