Virgilio Coluzzi
L’inizio
“Devi fare sport!”
Queste sono le parole che risuonano nella mente di qualsiasi ragazzo con la Fibrosi cistica.
Si ripetono incessantemente, ad ogni controllo, ad ogni inizio di anno scolastico, fino allo sfinimento. Anche i tuoi genitori ne capiscono l’importanza, tanto che l’attività sportiva non è più solo un argomento affrontato durante i controlli con il centro, ma risuona anche tra le mura di casa.
Ecco come mi sono approcciato allo sport, in modo traumatico e con una costante sensazione di costrizione, perché:
“Ti farà bene!”
E ancora:
“Devi fare nuoto! È uno sport completo!”
E via a nuotare, d’altronde è uno sport completo, fa bene alla schiena e così via con un’interminabile lista di pseudo-vantaggi.
Il rifiuto
L’imposizione non ha mai portato tanti risultati e anche in questo caso, non si fanno eccezioni.
Ad un certo punto ho infatti deciso di smettere di nuotare, d’altronde da quando la sola motivazione “Ti fa bene!” è mai stata sufficiente a convincere qualcuno?
Così passano gli anni, provo tanti sport, ma nulla mi appassiona.
L’attività sportiva diventa irregolare e la salute vacilla, era arrivato il momento di prendere una decisione.
La scelta
Lo sport diventa un problema, non mi allenavo con regolarità e il più delle volte sotto minaccia, mantenere uno stile di vita attivo diventava sempre più difficile ed ero finito in un circolo vizioso, dove:
Per stare bene devi allenarti, ma allenarti ti fa stare male.
Dopo tanti tentativi trovo qualcosa che mi appassiona, un obiettivo reale ed è proprio in quel momento che le parole:
“Devi fare sport!”
Prendono tutto un altro significato, finalmente mi sentivo bene, non solo perché respiravo meglio e riuscivo a combattere le riacutizzazioni, ma perché provavo gioia, divertimento e realizzazione nell’allenarmi.
La mia passione
Il Tae-kwon-do mi ha colpito – non solo metaforicamente – mi piaceva la sensazione di sfida, il combattimento, lo stesso combattimento interiore che caratterizzava le mie giornate.
Mi permetteva di scaricare lo stress e la frustrazione derivata dall’incertezza e dall’instabilità che faceva parte della mia vita. Campionati regionali, cintura nera, gare interregionali, mi piaceva dove stavo andando, ma non tutti erano d’accordo, alla Fibrosi cistica non interessava molto, lei andava per la sua strada, ed era sempre un passo avanti a me.
Il sogno
Durante il mio periodo migliore nel Tae-kwon-do c’è stato un momento dove ero realmente convinto di poter diventare un professionista. Avevo tutte le carte in regola, la bravura, la passione e cosa più importante, non avevo paura. D’altronde come può farti paura un semplice combattimento quando ogni giorno combatti con una malattia incurabile e degenerativa che ti toglie il fiato e non ti lascia vivere?
La Fibrosi cistica non era propriamente un vantaggio per la mia carriera sportiva, ogni volta che dovevo fare la terapia il tempo si fermava per almeno 3 settimane.
Avevo il morale a terra.
Non solo perché non potevo allenarmi, ma perché ogni volta che mi fermavo la mia preparazione fisica tornava indietro, il fisico si indeboliva e mi sembrava di fare due passi avanti e uno indietro.
Il declino
La vita mi stava dando la prima lezione:
Tutto è destinato a finire.
Stavo troppo male per gareggiare, ormai era diventato davvero difficile continuare. Quindi sono tornato semplicemente ad “allenarmi”, e non era male, ma non era quello che sognavo.
Fare l’allenatore era diventato l’obiettivo più plausibile, del resto ero bravo, magari potevo insegnare agli altri. Aiutavo il mio maestro, mi piaceva quello che facevo perché mi appassionava, e non ero nemmeno troppo male ad insegnare.
Il problema era che la malattia comunque andava avanti, non era esattamente una passeggiata allenarsi, figurarsi stare dietro ad altri atleti.
Arrancavo.
Ormai ero costretto a tenere l’ossigeno per molte ore al giorno, era difficile cercare di fare tutto.
Combattere
Fare arti marziali con la bombola dell’ossigeno non era una grande idea, meglio smettere.
E adesso? Non era la mia passione?
Forse l’insegnamento mi ha aiutato a capire qualcosa in più su di me, ho scoperto che bastava allargare gli orizzonti, espandere il mio modo di vedere lo sport, la salute e la vita.
Ho quindi capito che non ero tanto appassionato al Tae-kwon-do, quanto che la mia passione:
È il combattimento!
Puoi combattere contro l’avversario, contro una squadra, contro un’idea, ma puoi combattere anche contro te stesso, sfidare i tuoi limiti e vedere fin dove puoi spingerti con la tua bombola dell’ossigeno e la tua maschera Venturi.
Tutti i limiti sono nella tua testa.
La mia palestra
Non avevo il coraggio di entrare in palestra con uno stroller, quindi mi sono organizzato a casa e mi sono creato una palestra su misura: pesi, panche e tutto il necessario per cominciare, qualche libro e tanta voglia di imparare ad essere migliore.
Non mi è mai piaciuto perdere, sono un tipo competitivo e perfezionista.
Sollevamento pesi, ginnastica artistica, Bodybuilding, Powerlifting, Crossfit e altri ancora, nella mia piccola stanzetta ho provato di tutto.
Chi fa da sé…
Mi ero allenato usando centinaia di programmi di allenamento, ma nessuno faceva al caso mio.
È facile trovare un programma per dimagrire o per mettere su muscoli, ma prova a cercarne uno per allenarsi con l’ossigeno, sicuramente non è una ricerca molto comune su Google.
Ho così imparato a strutturare programmi efficienti e dove non arrivavano le mie competenze atletiche arrivava lo studio. Funzionavano, mi sentivo meglio, ma non era abbastanza, due passi avanti e uno indietro, di nuovo.
Il problema non erano i programmi, il problema ero io che ormai stavo troppo male.
Il presente
Lo pneumotorace è una brutta bestia, non si recupera facilmente, specialmente se hai meno del 20% di funzionalità polmonare, bronchiectasie diffuse ed emottisi frequenti.
Stavo sempre peggio, non riuscivo ad uscire da quell’ospedale e l’eventualità di una tracheostomia sembrava un incubo dal quale non mi sarei mai più risvegliato.
L’ultima spiaggia era quindi il trapianto e la fortuna ha voluto che arrivasse in tempo. Mi sono salvato e la riabilitazione mi ha rimesso in piedi. Finalmente potevo ricominciare.
Respiravo e potevo fare quello che avevo sempre sognato.
Voglio usare le mie esperienze!
Sono tornato sui libri, ancora più seriamente, ho preso diplomi, ho fatto corsi e ho sostenuto esami, tutto come doveva essere. Ora lavoro in palestra e alleno ragazzi da tutta Italia, con e senza la Fibrosi cistica.
Sono Virgilio, sono un Personal Trainer e ho la Fibrosi Cistica.